COSA CI DICONO LE NOSTRE EMOZIONI???
Le emozioni non le scegliamo, si manifestano. Non sono né positive né negative, ma ci mettono a disposizione un'energia vitale necessaria a soddisfare un bisogno o un desiderio che chiede di essere ascoltato.
QUALE MESSAGGIO CI MANDA L'INVIDIA????
L'invidia bussa alla porta della consapevolezza per segnalarci che nella nostra vita, se paragonata a quella degli altri, manca qualcosa che desideriamo molto: una relazione d'amore, un buon lavoro, una bella casa, un aspetto fisico particolarmente gradevole e così via. Il nostro organismo ci segnala dunque un desiderio, una fame che chiede soddisfazione. Se non facciamo l'errore di giudicarla, l'invidia dunque può donarci un'energia vitale importante, in grado di farci mettere a lavoro per ottenere quello che vorremmo, pagando anche il prezzo della fatica e dell'impegno che ciò ci richiede! Ingiustizie e disuguaglianze sociali sono però all'ordine del giorno: l'invidia in questi casi può metterci nelle condizione di non subirle passivamente. Possiamo dunque scegliere sempre se intraprendere una strada distruttiva, che ci porta ad odiare e boicottare l'altro che ha di più, oppure trasformare creativamente le mancanze in opportunità fertili per noi. ?
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COSA CI DICONO LE NOSTRE EMOZIONI???
Le emozioni non le scegliamo, si manifestano. Non sono né positive né negative, ma ci mettono a disposizione un'energia vitale necessaria a soddisfare un bisogno o un desiderio che chiede di essere ascoltato.
QUALE MESSAGGIO CI MANDA LA RABBIA????
La rabbia ci informa che c'è una minaccia interna o esterna cui far fronte, qualcosa o qualcuno da cui è necessario difendersi per la propria salvaguardia, non solo fisica ma anche psicologica. Possiamo dire che ha a che fare col nostro territorio: ci arrabbiamo quando ci sentiamo invasi, defraudati o quando non otteniamo qualcosa che desideriamo fortemente, fosse anche il rispetto o l'ascolto. Il nostro organismo ci mette a disposizione un'energia funzionale alla difesa dei nostri confini e alla nostra integrità, ed è sempre il caso di accogliere i sui messaggi. Cosa farcene dipende dalla nostra capacità di scelta ed è importante non confonderla con la violenza fisica o verbale! Si può usare questa emozione per garantirsi difesa in molti modi creativi: dalla comunicazione assertiva alla richiesta esplicita di ciò di cui abbiamo bisogno o desideriamo; talvolta diventa salvifico anche arrendersi e rinunciare a ciò che vogliamo se non è proprio possibile ottenerlo. Giudicarla frettolosamente come una emozione inopportuna ci allontana da una più profonda conoscenza dei nostri più intimi bisogni.?
Le emozioni non le scegliamo, si manifestano. Non sono né positive né negative, ma ci mettono a disposizione un'energia vitale necessaria a soddisfare un bisogno o un desiderio che chiede di essere ascoltato.
QUALE MESSAGGIO CI MANDA LA TRISTEZZA????
La tristezza ci informa che nella nostra vita è andato perduto qualcosa, forse per sempre. Una relazione è finita, una persona cara è morta, un progetto non si è compiuto come avremmo voluto, una vacanza o un periodo felice di vita è finito, l'idea edulcorata che avevamo di noi non si è realizzata. Il nostro organismo ci informa dunque che è il tempo del silenzio e del saluto, per poi ritornare a fare i conti con ciò che resta nonostante le perdite vissute! Negare la nostra tristezza, etichettandola come patologica ci impedisce di svoltare, andare oltre e custodire nel ricordo il buono che c'è stato: nella tristezza infatti è possibile riscoprire una fioritura piena di vita, ben lontana dal buio della depressione! ?
COSA CI DICONO LE NOSTRE EMOZIONI???
Le emozioni non le scegliamo, si manifestano. Non sono né positive né negative, ma ci mettono a disposizione un'energia vitale necessaria a soddisfare un bisogno o un desiderio che chiede di essere ascoltato. ?
QUALE MESSAGGIO CI MANDA LA PAURA????
La paura ci informa che sul nostro cammino si trova un pericolo, che sia reale o immaginario non importa! Il nostro organismo ha bisogno di mettersi in salvo o di rassicurazione! Se non ascoltassimo mai la nostra paura, con ogni probabilità ci metteremmo spesso nei guai; farsi guidare dalla paura sempre d'altro canto ci impedirebbe di vivere. Ascoltarla senza giudizio è il primo indispensabile passo per usarla in modo creativo, scegliendo di volta in volta quali rischi siamo disposti a correre per vivere una vita soddisfacente.
Non credo a quei treni che passano una volta sola. Mi sembra un grande inganno. Piuttosto credo alle stazioni, ai risciò e alle bici, ai tram, ai traghetti, agli aerei, ai passaggi in macchina. Credo ai miei piedi, alle moto, ai pullman e persino al teletrasporto. Non credo esista un solo e imperdibile treno. O una sola e imperdibile meta. Credo invece alla voglia di andare. E a una direzione buona per il cuore.
Intervista rilasciata al portale UISP CICLISMO
Spesso pensiamo alla mente ed al corpo come due entità separate, in realtà esse costituiscono due parti di uno stesso organismo vivente che costantemente si influenzano fra di loro. Di respirazione, in senso fisico, abbiamo trattato con la fisioterapista ma sappiamo che la gestione della questione non si esaurisce qui.
Dottoressa, siamo di nuovo (metaforicamente) sul lettino del terapeuta, la volta scorsa abbiamo trattato di paura ed ora parliamo di respiro giusto ? "Tutti noi sappiamo che quando abbiamo un dolore o una malattia fisica la nostra mente ne risenta immediatamente: l’umore si abbassa, i livelli di ansia e nervosismo si innalzano e magari vengono a galla grandi e piccole vulnerabilità che ci portiamo dentro. Viceversa, quando ci troviamo a vivere un momento non troppo felice della nostra esistenza, in cui una crisi relazionale o sul lavoro ci disturba, una fobia o una paura ci vengono a trovare, spesso anche il corpo ne risente: ci sentiamo più fiacchi, spossati, talvolta diventa difficile concentrarsi. La mente si offusca e laddove con le parole non riusciamo ad esprimere a pieno il nostro disagio compaiono anche spiacevoli sintomi psicosomatici: cefalee, dermatiti, gastriti, coliti e così via." Situazione di stress, dati i tempi, è proprio il tema ma il respiro ? "Il respiro, in questa influenza reciproca fra mente e corpo, svolge un ruolo fondamentale perché è in grado di comunicarci non solo lo stato di salute fisica, ma anche l’atmosfera psicologica che stiamo sperimentando: se proviamo dolore si blocca, se abbiamo paura o siamo agitati s'affanna, se qualcosa ci fa arrabbiare diventa corto e più frequente." Come tutto questo può essere interessante per il mondo dello sport? "E’risaputo che lo stato mentale di un sportivo influenzi notevolmente le sue performance, fino a decretarne il raggiungimento di importanti obiettivi, sia in senso favorevole che sfavorevole. Anche un atleta di grande talento fisico, se non è in grado di padroneggiare le proprie emozioni e di gestire i propri pensieri, lasciandosi sopraffare dal panico e soccombendo alla pressione delle aspettative sociali, non fa altro che cadere in un circolo vizioso in cui ogni nuovo fallimento lo allontana sempre più dalla possibilità di esprimersi al meglio nella propria disciplina sportiva. La capacità di praticare una presenza mentale e di sperimentare uno stato di calma durante gli allenamenti o prima di una gara non solo è possibile, ma diviene auspicabile dunque per tutti coloro che hanno a cuore il proprio agonismo o passione sportiva." Che si può fare ? "Esistono diverse tecniche e discipline che attraverso il respiro ci permettono di influenzare il nostro stato mentale, di sperimentare una maggiore conoscenza di noi stessi, delle nostre risorse e dei nostri limiti e di approdare quindi ad uno stato di maggiore calma e quiete. Fra le altre numerose, in questa sede accennerò brevemente al Training Autogeno e alla Mindfulness.
Se noi fossimo una barca dunque, il nostro respiro sarebbe la nostra àncora che ci tiene saldi anche in piena tempesta, Allenarsi ad una respirazione consapevole ci permette di non essere in balia delle onde del mondo interno (emozioni, pensieri, sentimenti) o del mondo esterno (eventi critici) e di ritornare con mente quieta al nostro timone, controllando solo ciò che è possibile e lasciando andare il resto, consapevoli che siamo vivi adesso, ad ogni respiro." Grazie Dottoressa Monti, possiamo concludere citando Cicerone "Dum spiro, spero" (finchè respiro ho speranza). "Un piacere aver contribuito" Per la Redazione UISP Ciclismo - (RB) CONOSCERE I PROPRI FIGLI ATTRAVERSO LE EMOZIONI Come costruire con loro una storia d'amore nutriente5/6/2020
Molto spesso siamo portati a sottovalutare l’importanza delle emozioni, eppure ne facciamo tutti esperienza fin da quando siamo bambini. Esse svolgono infatti una funzione biologica indispensabile alla nostra sopravvivenza: ci segnalano un bisogno del nostro organismo e mobilitano l’energia vitale necessaria alla sua soddisfazione.
La paura ci dice ad esempio che stiamo correndo un pericolo e che dobbiamo metterci in salvo, la rabbia ci informa che viviamo una certa situazione come scomoda o minacciosa e che quindi occorre cambiarla o difenderci, la tristezza ci parla della perdita di qualcosa che amavamo, la gioia e la felicità di un bisogno che è stato soddisfatto o di un desiderio realizzato. Se per un adulto è dunque importante prestare attenzione al proprio mondo emotivo, per i bambini diventa fondamentale che i suoi genitori si interessino a ciò che provano: i più piccoli infatti si relazionano agli altri e fanno conoscenza prevalentemente attraverso il proprio sentire. Quando un bambino ha paura, con ogni probabilità sente di non essere del tutto al sicuro. Se il pericolo percepito è un animale feroce o un mostro invisibile, poco importa! Cosa succede dunque se un genitore nega quella emozione frettolosamente, con frasi del tipo “non devi avere paura”, “non essere fifone” e così via? Quello che può accadere, soprattutto se si tratta di una risposta abituale e ripetitiva, è che il bambino non imparerà certo a proteggersi come gli suggerisce la sua emozione. Piuttosto inizierà a dubitare di ciò che sente, o peggio ancora a diffidare della disponibilità o capacità degli adulti di aiutarlo a mettersi in salvo. Le emozioni non le scegliamo, si manifestano. Non ha senso dunque chiedere ad un bambino di non sentire ciò che sente – non avere paura, non essere arrabbiato, non essere triste – semplicemente perché è fuori dalle sue possibilità. Ciò che si può fare semmai è aiutarlo a riconoscerle, nominarle e a soddisfare i bisogni e i desideri che si celano dietro. Nel caso della paura, il genitore può rassicurare il bambino con parole semplici, meglio se accompagnate da un contatto fisico, ad esempio: “mi sembri spaventato, io resto qui con te fino a quando insieme non troviamo il modo di rendere questo mostro meno pericoloso”. Questo discorso vale ovviamente anche per tutte quelle espressioni che sono connesse alle emozioni: chiedere ad un bambino di non piangere significa insegnargli che il pianto non è ben accetto nella sua famiglia, portandolo a credere che c’è qualcosa che non va in lui. Domandargli cosa sta succedendo apre invece una porta di comprensione e permette un importante arricchimento della relazione genitore-figlio: il bambino imparerà che può essere se stesso, senza il bisogno di nascondersi o vergognarsi per come si sente. Le emozioni non sono né buone né cattive quindi, ma ci parlano di ciò che accade dentro di noi. E’ importante dunque accogliere anche quelle più “scomode”, socialmente considerate inopportune come la rabbia, che è invece – come già accennato – un vissuto importante da ascoltare in quanto ci aiuta a difenderci quando ci sentiamo invasi o feriti, o semplicemente ci dice che non riusciamo ad ottenere ciò che desideriamo. I genitori posso insegnare ai bambini come gestirla piuttosto che stigmatizzarla, aiutandoli ad esprimerla con le parole piuttosto che rompendo oggetti o picchiando. Le emozioni, infatti, non possono restare per molto tempo taciute perché altrimenti rischiano di trasformarsi presto in sintomi, più o meno importanti, che avranno il compito di urlare quel disagio che il bambino non ha potuto invece esprimere apertamente. Se un genitore fa attenzione al mondo interiore del proprio figlio e se ne prende cura è in grado di lanciargli invece un messaggio potentissimo: io ti vedo, mi interessa comprendere come ti senti e desidero starti vicino! A chi non farebbe piacere sentire queste parole pronunciate dalle persone che ama? Spesso però non è per niente facile soffermarsi su come si sentono gli altri: può essere davvero complicato, ad esempio, mantenere la calma e la lucidità davanti ad un figlio che sbatte i piedi o ha un comportamento che non ci piace! Per questa ragione è molto importante che dapprima i genitori imparino a riconoscere le proprie emozioni, senza giudicarle ed esprimendole al meglio che possono, specialmente nella relazione coi più piccoli. Si può parlare dunque di come ci sentiamo coi nostri figli, purché si cerchino i modi e le parole più adatte ad ogni età e non li si inondi di vissuti troppo pesanti (una forte angoscia, una grande ira incontrollata, …). I bimbi infatti sono come spugne: assorbono l’atmosfera emotiva in cui sono immersi e imparano ad esprimersi osservando le persone che amano. Anche per gli adulti, dunque, prestare attenzione al proprio sentire con gentilezza amorevole rimane il primo fondamentale passo per costruire una relazione d’amore nutriente, con se stessi prima e con i propri figli poi. (Articolo pubblicato su www.leccebimbi.it/, illustrazione di Freepik) Un interessante video che permette un primo facile approccio alla comprensione di cosa si intenda con il termine Mindfulness e di quali siano i principali vantaggi di una vita consapevole. Buon ascolto.
Vi è mai capitato di sentirvi messi a nudo, esposti allo sguardo e al giudizio altrui, incapaci di negare o nascondere le parti di voi meno piacevoli, le vostre imperfezioni, il vostro essere bisognosi?
La vulnerabilità è una esperienza umana che appartiene a tutti e a tutte. Spesso è spiacevole e porta con sé il disagio di emozioni forti come la vergogna, la paura di essere visti per quello che siamo, di essere rifiutati, attaccati, derisi, emarginati. Conoscere la propria vulnerabilità è però anche indispensabile allo sviluppo dell' intimità, intensa come capacità di vicinanza autentica: intimità con se stessi prima, intimità con gli altri poi. Correre il rischio di sentirsi vulnerabili dunque diviene l'unica strada percorribile per incontrare l’altro davvero, ed è proprio in questo incontro che il nostro desiderio di essere amati, perdonati, accettati non potrà più essere celato. Come si può immaginare di avere una relazione d’amore soddisfacente, un' amicizia nutriente senza mai mostrarsi, senza mai esprimere i propri sentimenti, senza mai condividere i propri bisogni e desideri? Siamo esseri autonomi e dipendenti insieme, sosteneva Barrie Simmons. Abbiamo bisogno degli altri, di appartenere, di avere relazioni senza che questo significhi rinunciare necessariamente a se stessi, alle proprie idee, senza che questo significhi negare i propri bisogni e desideri di individuo. La vulnerabilità è qualcosa che si sperimenta in questo equilibrio continuo fra bisogno di unione e bisogno separazione. Non va dunque confusa con una malattia cui porre rimedio o da cui guarire, ma semmai come qualcosa di prezioso e di profondamente umano di cui avere cura. Riferimenti Bibliografici Atlante delle emozioni umane, Tiffany Watt Smith Scritti. Collezione di articoli di psicoterapia della Gestalt, Sergio Mazzei Vivere è separarsi, Barre Simmons Vulnerabilità come conditio umana. Alcune considerazioni a partire dall'approccio dell'etica della cura, Alessandra Grompi Giandomenico Bagatin intervista Sergio Mazzei, psicologo psicoterapeuta, direttore e fondatore dell'Istituto Gestalt e Bodywork di Cagliari, sui temi della felicità, del riconoscimento sociale, della morte e dell'amore. |
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June 2020
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