Psicoterapia della Gestalt
Le radici psicoanalitiche
La psicoterapia della Gestalt (PTG), che riconosce come suo fondatore lo psicoterapeuta Fritz Perls, affonda le proprie radici teoriche nella psicoanalisi, della quale può essere considerata una figlia eretica. L’allontanamento da questo modello teorico da parte di alcuni psicoterapeuti (che poi hanno dato vita all'approccio gestaltico), è stato segnato prevalentemente da un maggiore interesse rivolto alla dimensione del presente, che è il tempo in cui ogni persona fa diretta esperienza dei propri vissuti. Ciò non significa che in tale approccio gli accadimenti del passato perdano totalmente di importanza; ancora oggi, infatti, molti gestaltisti scelgono di integrano nella propria formazione le preziose osservazioni ereditate dai Teorici delle Relazioni Oggettuali e della Psicologia del Sé sullo sviluppo psicologico e sull'ambiente dei primi anni di vita del bambino. E' nel qui ed ora però che ricordi e vissuti vengono rielaborati ed è sempre nel qui ed ora che diventa possibile aprire la propria storia di vita a nuove prospettive, uscendo così dall'impasse che spesso accompagna i forti vissuti di disagio psicologico. Insieme a questo aspetto, un altro elemento che allontana l'approccio gestaltico dalla vecchia psicoanalisi è l'emancipazione del terapeuta da una postura neutrale e distaccata tipica dell’analista. Il terapeuta gestaltista si pone, con tutta la propria umanità, in una relazione non mediata da interpretazioni generalizzate, ma sostenuta piuttosto da un interesse per la realtà soggettiva del paziente, che viene ritenuto il migliore esperto di se stesso.
La psicoterapia della Gestalt, dunque, pur partendo da questa eredità psicoanalitica, negli anni si sviluppa e cresce, incorporando nella propria teoria e nella propria pratica una concezione dell’uomo arricchita e nutrita anche da altre correnti di pensiero.
Esistenzialismo
Per la Psicoterapia della Gestalt grande importanza gioca l’Esistenzialismo, secondo cui ogni individuo non può fare altro che essere se stesso. “Le persone sono convinte, spesso, di dover diventare diverse da come sono, di essere sostanzialmente sbagliate e di dover diventare giuste, e molti consumano inutilmente anni nel perseguire questo scopo. In realtà il buon senso mostra come le persone sono quel che sono e non possono cambiare quel che sono: possono invece cambiare ciò che fanno e fare infinite cose diverse” (cit. Quattrini P.,2007). Da questa prospettiva, l'unica via di "salvezza" possibile sembra essere quella di passare attraverso l'accettazione di ciò che siamo, mettendo in conto che è inevitabile confrontarsi anche con tutte quelle manifestazioni problematiche, conflittuali e angoscianti di sé e della vita che sono parte integrante dell'esistenza umana, per poi provare a fare di queste esperienze qualcosa di diverso in grado di migliorare la qualità dei propri giorni. A differenza infatti di quanto affermato da alcuni esistenzialisti riconducibili ad una prospettiva più ontologica (Heidegger, Jaspers, Sartre) o fideistica (Marcel, Bultmann), in cui il dolore e la sofferenza risultano essere condizioni ineluttabili difronte cui l’essere umano può poco, F. Perls integra nella sua teoria un’ottica più umanistica (ereditata da autori quali Camus, Merleau Ponty, e dagli esistenzialisti italiani) secondo cui l’uomo è potenzialmente respons-abile, ovvero in grado di rispondere alle difficoltà e all’ambiente in modo creativo (cfr. Mazzei S., 2010), riconquistando così spazi di libertà entro cui fare nuove esperienza più gratificanti. Tale fiducia nelle capacità degli individui di trovare il proprio cammino, o in altri termini la soluzione migliore possibile ai propri guai, viene ben espressa nel concetto di autoregolazione organismica, con cui F. Perls intende la capacità dell’organismo, intenso come unità mente-corpo, di tendere verso la propria “guarigione”.
Olismo
In questa concezione dell’uomo si riconoscono le influenze provenienti dall’Olismo, corrente di pensiero che guarda all’inscindibilità tra emozioni, soma, mente, anima e tutto ciò che la scienza ha cercando nei secoli di dividere, per una maggiore comodità di analisi, arrendendosi in ultimo alla evidente complessità di relazioni tra le parti, che non possono così semplicemente essere ridotte o comprese separatamente. "Il tutto è più della somma delle sue parti” è una delle citazioni, attribuita a Von Erenfers, che maggiormente riecheggia tra gestaltisti e che richiama l’attenzione ancora una volta all’intero - ovvero all’insieme di manifestazioni che provengono dall’individuo - che è certamente qualcosa in più della somma di sintomi con cui talvolta la persona si confonde quando chiede aiuto all'inizio di un percorso di psicoterapia.
Costruttivismo
In questi termini, quando un terapeuta della Gestalt ha davanti a sé una persona, è chiamato a confrontarsi con una soggettività complessa e mutevole, che sfugge dunque a classificazioni o teorizzazioni a maglia stretta, ma che invita al contrario ad un contatto, ovvero ad un incontro dialogico in uno spazio di scambio co-costruito. Questa concezione è pienamente condivisa anche dal Costruttivismo, altra corrente di pensiero che guarda non ai perché del disagio o ai suoi significati, ma alle occasioni di costruire insieme, terapeuta e paziente, delle modalità altre di stare al mondo, più funzionali al vivere.
Fenomenologia e Psicologia della Gestalt
In altre parole, utilizzando un altro concetto che la Gestalt eredita dalla Fenomenologia, perché qualcosa di buono avvenga in una relazione d'aiuto - e in generale in qualunque relazione - è necessario abitare la distanza, incontrare cioè l'altro a metà strada, senza svestirsi delle proprie soggettività – ma piuttosto dei propri pregiudizi e preconcetti - per dar vita congiuntamente ad un incontro – dotata di senso - che trasforma, e che inevitabilmente cambia (l'altro) e ci cambia (cfr. Quattrini P., 2007). La convinzione che ogni essere umano abbia diritto alla propria soggettività e che sia in grado di compiere delle scelte che concorrono a determinare la propria esistenza, a partire dalla consapevolezza dei propri bisogni e desideri, è frutto anche essa non solo di una cultura esistenzialista ma anche di un approccio fenomenologico. Nello specifico, la PTG può contare da un lato sul contributo della Psicologia della Gestalt che ridefinisce la percezione come qualcosa che si struttura sulla base dei propri bisogni, o sulle abitudini a decodificare il mondo in determinato modo e non come mera registrazione di una realtà oggettiva e assoluta. Dall’altra, i gestaltisti accolgono l’apporto teorico di quei fenomenologi - tra cui ricordo qui Husserl - che considerano reale ciò che si manifesta (il fenomeno appunto) e che si collocano nella sua contemplazione con un atteggiamento di imparzialità interessata. Da qui il concetto di epoché, ovvero di sospensione del giudizio dinanzi alle realtà esistenziali dell'altro, che indica al terapeuta di abbandonare ogni pretesa moralizzante invitandolo ad un incontro diretto, non mediato da un’intenzione miglioristica nei confronti della persona che ha davanti.
Teoria del campo
Ma l’individuo non è solo soggettività e unione di mente e corpo, poiché è inserito in vari contesti sia fisici che relazionali che ne condizionano e influenzano lo sviluppo e la crescita. Ciò è ben noto certamente a quasi tutte le scuole di pensiero della psicologia, ma Lewin ha il merito di aver sottolineato, nella sua Teoria del Campo, l’interdipendenza tra individuo e ambiente. Indispensabile dunque per un terapeuta della Gestalt relazionarsi alla persona che chiede aiuto in psicoterapia contestualizzandone i vissuti e le emozioni, senza mai dimenticare il suo mondo di appartenenza.
Buddismo e Taoismo
Inoltre, non posso non sottolineare l’importanza che esercitano sulla teoria e sulla pratica della Gestalt il Buddismo e il Taoismo.
Per ciò che riguarda la cultura buddista, è noto come in molte pratiche meditative venga chiesto ai praticanti di restare in silenzio, in contatto con ciò che si manifesta dentro e fuori di sé, in presenza e in ascolto, senza opporre resistenze né cercando motivazioni razionali a ciò che si sperimenta. Ciò cui dunque si è invitati è al praticare la consapevolezza di sé in modo intenzionale e non giudicante nel momento presente. Non molto distante da questo insegnamento buddista si colloca la teorizzazione di Friedlander, fatta propria da Perls, di indifferenza creativa, con cui si intende l'esser presente del terapeuta davanti a sé - e contemporaneamente al paziente - in qualità di testimone imparziale, conquistando un punto zero di osservazione equanime. Chi fa esperienza di meditazione in tali termini, sa perfettamente che proprio nel momento in cui si fa silenzio e si portano gli occhi della mente a guardare cosa accade dentro di noi, iniziano a farsi sentire emozioni e sensazioni corporee che possono essere gradevoli ma anche scomode e dolorose. E’ proprio la consapevolezza che ciò possa accadere che ci riporta alla saggezza taoista che contempla la natura duale dell’essere umano, nelle sue manifestazioni più varie. Nell’osservare ciò che ci accade, dunque, siamo chiamati in primo luogo a confrontarci con il bianco e il nero, con l’angoscia e il piacere, con la forza e la debolezza, il dominare e il soccombere, l’amore e l’odio, ovvero con quelle parti che possono sembrare dicotomiche e in contraddizione, ma che in realtà sono polarità che raccontano di noi.
La Psicoterapia della Gestalt è un approccio in continuo divenire, che fa dell'integrazione di diversi saperi la sua caratteristica sostanziale e il suo punto di forza. Ma ciò che maggiormente la contraddistingue è la convinzione di fondo che l' individuo non possa essere ridotto ad un insieme freddo di sintomi, e che in terapia sia indispensabile guardare al paziente nella sua globalità di persona, fatta di ferite e disagio ma anche di desideri e bisogni, risorse e abilità, che lo rendono potenzialmente sempre in grado di riprendere in mano le redini della propria vita.
Chiara Monti
Bibliografia
I riferimenti teorici si possono reperire nei seguenti testi:
MAZZEI S., "Scritti, Collezione di articoli di Psicoterapia della Gestalt", Istituto Gestalt e Body Work, Cagliari, 2010.
PERLS F. - HEFFERLINE R.F. - GOODMAN P., "Teoria e Pratica della La Terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana", Astrolabio, Roma, 1997.
POLSTER E., "Ogni vita merita un romanzo. Quando raccontarsi è terapia", Astrolabio, Roma, 1988.
QUATTRINI P., "Fenomenologia dell’esperienza", Zephyro Edizioni, 2007.
QUATTRINI P. "Per una psicoterapia fenomenologico-esistenziale", Giunti, Prato, 2011
La psicoterapia della Gestalt (PTG), che riconosce come suo fondatore lo psicoterapeuta Fritz Perls, affonda le proprie radici teoriche nella psicoanalisi, della quale può essere considerata una figlia eretica. L’allontanamento da questo modello teorico da parte di alcuni psicoterapeuti (che poi hanno dato vita all'approccio gestaltico), è stato segnato prevalentemente da un maggiore interesse rivolto alla dimensione del presente, che è il tempo in cui ogni persona fa diretta esperienza dei propri vissuti. Ciò non significa che in tale approccio gli accadimenti del passato perdano totalmente di importanza; ancora oggi, infatti, molti gestaltisti scelgono di integrano nella propria formazione le preziose osservazioni ereditate dai Teorici delle Relazioni Oggettuali e della Psicologia del Sé sullo sviluppo psicologico e sull'ambiente dei primi anni di vita del bambino. E' nel qui ed ora però che ricordi e vissuti vengono rielaborati ed è sempre nel qui ed ora che diventa possibile aprire la propria storia di vita a nuove prospettive, uscendo così dall'impasse che spesso accompagna i forti vissuti di disagio psicologico. Insieme a questo aspetto, un altro elemento che allontana l'approccio gestaltico dalla vecchia psicoanalisi è l'emancipazione del terapeuta da una postura neutrale e distaccata tipica dell’analista. Il terapeuta gestaltista si pone, con tutta la propria umanità, in una relazione non mediata da interpretazioni generalizzate, ma sostenuta piuttosto da un interesse per la realtà soggettiva del paziente, che viene ritenuto il migliore esperto di se stesso.
La psicoterapia della Gestalt, dunque, pur partendo da questa eredità psicoanalitica, negli anni si sviluppa e cresce, incorporando nella propria teoria e nella propria pratica una concezione dell’uomo arricchita e nutrita anche da altre correnti di pensiero.
Esistenzialismo
Per la Psicoterapia della Gestalt grande importanza gioca l’Esistenzialismo, secondo cui ogni individuo non può fare altro che essere se stesso. “Le persone sono convinte, spesso, di dover diventare diverse da come sono, di essere sostanzialmente sbagliate e di dover diventare giuste, e molti consumano inutilmente anni nel perseguire questo scopo. In realtà il buon senso mostra come le persone sono quel che sono e non possono cambiare quel che sono: possono invece cambiare ciò che fanno e fare infinite cose diverse” (cit. Quattrini P.,2007). Da questa prospettiva, l'unica via di "salvezza" possibile sembra essere quella di passare attraverso l'accettazione di ciò che siamo, mettendo in conto che è inevitabile confrontarsi anche con tutte quelle manifestazioni problematiche, conflittuali e angoscianti di sé e della vita che sono parte integrante dell'esistenza umana, per poi provare a fare di queste esperienze qualcosa di diverso in grado di migliorare la qualità dei propri giorni. A differenza infatti di quanto affermato da alcuni esistenzialisti riconducibili ad una prospettiva più ontologica (Heidegger, Jaspers, Sartre) o fideistica (Marcel, Bultmann), in cui il dolore e la sofferenza risultano essere condizioni ineluttabili difronte cui l’essere umano può poco, F. Perls integra nella sua teoria un’ottica più umanistica (ereditata da autori quali Camus, Merleau Ponty, e dagli esistenzialisti italiani) secondo cui l’uomo è potenzialmente respons-abile, ovvero in grado di rispondere alle difficoltà e all’ambiente in modo creativo (cfr. Mazzei S., 2010), riconquistando così spazi di libertà entro cui fare nuove esperienza più gratificanti. Tale fiducia nelle capacità degli individui di trovare il proprio cammino, o in altri termini la soluzione migliore possibile ai propri guai, viene ben espressa nel concetto di autoregolazione organismica, con cui F. Perls intende la capacità dell’organismo, intenso come unità mente-corpo, di tendere verso la propria “guarigione”.
Olismo
In questa concezione dell’uomo si riconoscono le influenze provenienti dall’Olismo, corrente di pensiero che guarda all’inscindibilità tra emozioni, soma, mente, anima e tutto ciò che la scienza ha cercando nei secoli di dividere, per una maggiore comodità di analisi, arrendendosi in ultimo alla evidente complessità di relazioni tra le parti, che non possono così semplicemente essere ridotte o comprese separatamente. "Il tutto è più della somma delle sue parti” è una delle citazioni, attribuita a Von Erenfers, che maggiormente riecheggia tra gestaltisti e che richiama l’attenzione ancora una volta all’intero - ovvero all’insieme di manifestazioni che provengono dall’individuo - che è certamente qualcosa in più della somma di sintomi con cui talvolta la persona si confonde quando chiede aiuto all'inizio di un percorso di psicoterapia.
Costruttivismo
In questi termini, quando un terapeuta della Gestalt ha davanti a sé una persona, è chiamato a confrontarsi con una soggettività complessa e mutevole, che sfugge dunque a classificazioni o teorizzazioni a maglia stretta, ma che invita al contrario ad un contatto, ovvero ad un incontro dialogico in uno spazio di scambio co-costruito. Questa concezione è pienamente condivisa anche dal Costruttivismo, altra corrente di pensiero che guarda non ai perché del disagio o ai suoi significati, ma alle occasioni di costruire insieme, terapeuta e paziente, delle modalità altre di stare al mondo, più funzionali al vivere.
Fenomenologia e Psicologia della Gestalt
In altre parole, utilizzando un altro concetto che la Gestalt eredita dalla Fenomenologia, perché qualcosa di buono avvenga in una relazione d'aiuto - e in generale in qualunque relazione - è necessario abitare la distanza, incontrare cioè l'altro a metà strada, senza svestirsi delle proprie soggettività – ma piuttosto dei propri pregiudizi e preconcetti - per dar vita congiuntamente ad un incontro – dotata di senso - che trasforma, e che inevitabilmente cambia (l'altro) e ci cambia (cfr. Quattrini P., 2007). La convinzione che ogni essere umano abbia diritto alla propria soggettività e che sia in grado di compiere delle scelte che concorrono a determinare la propria esistenza, a partire dalla consapevolezza dei propri bisogni e desideri, è frutto anche essa non solo di una cultura esistenzialista ma anche di un approccio fenomenologico. Nello specifico, la PTG può contare da un lato sul contributo della Psicologia della Gestalt che ridefinisce la percezione come qualcosa che si struttura sulla base dei propri bisogni, o sulle abitudini a decodificare il mondo in determinato modo e non come mera registrazione di una realtà oggettiva e assoluta. Dall’altra, i gestaltisti accolgono l’apporto teorico di quei fenomenologi - tra cui ricordo qui Husserl - che considerano reale ciò che si manifesta (il fenomeno appunto) e che si collocano nella sua contemplazione con un atteggiamento di imparzialità interessata. Da qui il concetto di epoché, ovvero di sospensione del giudizio dinanzi alle realtà esistenziali dell'altro, che indica al terapeuta di abbandonare ogni pretesa moralizzante invitandolo ad un incontro diretto, non mediato da un’intenzione miglioristica nei confronti della persona che ha davanti.
Teoria del campo
Ma l’individuo non è solo soggettività e unione di mente e corpo, poiché è inserito in vari contesti sia fisici che relazionali che ne condizionano e influenzano lo sviluppo e la crescita. Ciò è ben noto certamente a quasi tutte le scuole di pensiero della psicologia, ma Lewin ha il merito di aver sottolineato, nella sua Teoria del Campo, l’interdipendenza tra individuo e ambiente. Indispensabile dunque per un terapeuta della Gestalt relazionarsi alla persona che chiede aiuto in psicoterapia contestualizzandone i vissuti e le emozioni, senza mai dimenticare il suo mondo di appartenenza.
Buddismo e Taoismo
Inoltre, non posso non sottolineare l’importanza che esercitano sulla teoria e sulla pratica della Gestalt il Buddismo e il Taoismo.
Per ciò che riguarda la cultura buddista, è noto come in molte pratiche meditative venga chiesto ai praticanti di restare in silenzio, in contatto con ciò che si manifesta dentro e fuori di sé, in presenza e in ascolto, senza opporre resistenze né cercando motivazioni razionali a ciò che si sperimenta. Ciò cui dunque si è invitati è al praticare la consapevolezza di sé in modo intenzionale e non giudicante nel momento presente. Non molto distante da questo insegnamento buddista si colloca la teorizzazione di Friedlander, fatta propria da Perls, di indifferenza creativa, con cui si intende l'esser presente del terapeuta davanti a sé - e contemporaneamente al paziente - in qualità di testimone imparziale, conquistando un punto zero di osservazione equanime. Chi fa esperienza di meditazione in tali termini, sa perfettamente che proprio nel momento in cui si fa silenzio e si portano gli occhi della mente a guardare cosa accade dentro di noi, iniziano a farsi sentire emozioni e sensazioni corporee che possono essere gradevoli ma anche scomode e dolorose. E’ proprio la consapevolezza che ciò possa accadere che ci riporta alla saggezza taoista che contempla la natura duale dell’essere umano, nelle sue manifestazioni più varie. Nell’osservare ciò che ci accade, dunque, siamo chiamati in primo luogo a confrontarci con il bianco e il nero, con l’angoscia e il piacere, con la forza e la debolezza, il dominare e il soccombere, l’amore e l’odio, ovvero con quelle parti che possono sembrare dicotomiche e in contraddizione, ma che in realtà sono polarità che raccontano di noi.
La Psicoterapia della Gestalt è un approccio in continuo divenire, che fa dell'integrazione di diversi saperi la sua caratteristica sostanziale e il suo punto di forza. Ma ciò che maggiormente la contraddistingue è la convinzione di fondo che l' individuo non possa essere ridotto ad un insieme freddo di sintomi, e che in terapia sia indispensabile guardare al paziente nella sua globalità di persona, fatta di ferite e disagio ma anche di desideri e bisogni, risorse e abilità, che lo rendono potenzialmente sempre in grado di riprendere in mano le redini della propria vita.
Chiara Monti
Bibliografia
I riferimenti teorici si possono reperire nei seguenti testi:
MAZZEI S., "Scritti, Collezione di articoli di Psicoterapia della Gestalt", Istituto Gestalt e Body Work, Cagliari, 2010.
PERLS F. - HEFFERLINE R.F. - GOODMAN P., "Teoria e Pratica della La Terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana", Astrolabio, Roma, 1997.
POLSTER E., "Ogni vita merita un romanzo. Quando raccontarsi è terapia", Astrolabio, Roma, 1988.
QUATTRINI P., "Fenomenologia dell’esperienza", Zephyro Edizioni, 2007.
QUATTRINI P. "Per una psicoterapia fenomenologico-esistenziale", Giunti, Prato, 2011